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Articoli DI centro salute magenta 3 A MUGGIò

MONZA BRIANZA

Studio di fisioterapia, osteopatia, ORTOPEDIA, nutrizione, PSICOLOGIA e logopedia

 FISIOTERAPIA

  • Il trattamento dell’ictus

    Ictus

    L’ictus è la principale causa di morte e disabilità a lungo termine nel mondo.


    A seguito di ictus, il danno neuronale porta alla perdita di input dalla corteccia cerebrale ai motoneuroni spinali, con conseguente disabilità motoria.


    Funzionalmente, alterazioni indotte da ictus nel sistema nervoso provocano un reclutamento inadeguato dell’unità motoria, compromissione della coordinazione e alterazione delle contrazioni muscolari (ipertonia spastica).


    La resistenza e le menomazioni motorie si trovano bilateralmente e sono ampie sul lato opposto alla lesione cererale (ogni emisfero cerebrale controlla il lato opposto del corpo per l’80% delle fibre nervose, il rimanete 20% porta segnali allo stesso lato).


    L’ictus può essere ischemico (con diminuzione di flusso sanguigno cerebrale e morte cellulare conseguente) o emorragico (emorragia corticale o subaracnoidea).


    Statisticamente l’ictus emorragico risulta più infauso, in quanto oltre alla morte cerebrale della zona direttamente coinvolta, l’emorragia può avere un “effetto massa” su un territorio limitrofo, creando potenzialmente una successiva ischemia di quella zona.


    Fattori di rischio

    Tra i fattori di rischio si riportano: ipertensione arteriosa, fumo, alti livelli di colesterolo, diabete, obesità, inattività fisica, malattie cardiovascolari, eccesso di alcool, abuso di droga, età superiore ai 55-60 anni, storia familiare di ictus o TIA (attacco ischemico transitorio, manifesta gli stessi sintomi dell’ictus con risoluzione entro pochi minuti o ore), sesso (uomini > donne).


    Segni predittivi

    I segni predittivi sono molto importanti per una diagnosi tempestiva e una precoce soluzione terapeutica (la non tempestività nell’individuazione del problema porta a una prognosi sfavorevole).


    Tra di essi vengono riportati: disorientamento spazio-temporale, confusione mentale, difficoltà nel parlare o deglutire, alterazione della sensibilità su un lato del visto o incapacità nell’eseguire gesti di mimica facciale (sorriso), difficoltà nel controllo di un lato del corpo, vertigini o sbandamento.


    Sintomi

    La sintomatologia varia a seconda dell’area cerebrale colpita.


    Un ictus a livello del lobo frontale darà sintomi legati alla produzione del linguaggio (afasia di Broca e disartria), al ragionamento, alla capacità di pianificare delle azioni (funzioni esecutive) e all’utilizzo degli oggetti della vita quotidiana.


    Si può avere inoltre un deficit nel controllo dei movimenti volontari, andando incontro a debolezza e plegia, con comparsa di ipertono spastico e schemi di movimento patologico (che possono inficiare le attività del braccio e della gamba, come il cammino), difficoltà a trattenere temporaneamente le informazioni da elaborare (detta memoria di lavoro), apatia (mancanza di emozioni, interesse e preoccupazione) o una mancanza evidente di inibizione, incluso un comportamento inappropriato a livello sociale.


    Se la zona colpita è il lobo parietale si avrà maggiormente un deficit di sensibilità (ad esempio tipo di dolore e localizzazione), difficoltà nella comprensione delle parole pronunciate e scritte (Afasia di Wernicke), nel combinare le impressioni relative a forma, struttura e peso in percezioni generali (agnosia) e nell’ orientamento visuo-spaziale.


    Lesioni del lobo parietale destro (o non dominante), possono causare problemi a svolgere azioni della vita quotidiana come utilizzare una forchetta o vestirti (aprassia).


    Inoltre, questo tipo di lesione può causare negazione della patologia(anosognosia) e disattenzione al lato del corpo opposto a quello del danno cerebrale (eminegligenza spaziale unilaterale).


    Una lesione del lobo temporale sinistro causa difficltà nella comprensione del linguaggio (afasia di Wernicke) e deficit di memoria e di riconoscimento di parole, suoni e musica, dislessia acquisita, agrafia e acalculia.


    Un’ ischemia bilaterale nel lobo occipitale causa problemi nel riconoscimento visivo di oggetti, anche senza patologie dell’occhio (cecità corticale), con possibile presenza di allucinazioni visive.


    Infine, una lesione del lobo limbico può causare difficoltà nell’integrazione tra varie aree del cervello, con problematiche legate all’aspetto emotivo, alla conservazione dei ricordi e delle emozioni legate ad essi, cambiamenti della personalità


    Molteplici funzioni cerebrali sono eseguite da diverse aree coordinate tra loro (reti), non da una singola area cerebrale. Il danneggiamento di queste reti può provocare:


    Il trattamento fisioterapico riabilitativo

    La neuroplasticità può essere definita come la capacità del sistema nervoso di rispondere a stimoli intrinseci o estrinseci riorganizzando la sua struttura, funzione e le sue connessioni.


    I cambiamenti neurali sono associati allo sviluppo e all’apprendimento e si verificano per tutta la durata della vita.


    Prove di questi cambiamenti possono essere osservate a vari livelli, ad esempio modificazioni delle connessioni neurali, della struttura e della funzione delle regioni e delle reti cerebrali come miglioramento delle capacità e adattabilità.


    Il continuum del recupero dopo l’ictus offre opportunità di riabilitazione mirata per sfruttare e potenziare questi meccanismi di plasticità neurale per risultati migliori.


    La neuroriabilitazione può essere definita come “facilitazione dell’apprendimento adattivo” e presuppone l’esposizione a esperienze di rieducazione specifiche che porti a un miglioramento della funzione attivando meccanismi di plasticità neurale.


    In concreto esistono varie metodiche riabilitative per il trattamento dell’ictus ( concetto Bobath, esercizio terapeutico conoscitivo, Kabat).


    Il focus della riabilitazione è il miglioramento della percezione del proprio corpo, della sensibilità e della componente motoria.


    L’obiettivo sarà quello di riattivare un controllo della corteccia cerebrale sui movimenti volontari, contrastando l’irrigidimento muscolare da ipertonia ( che si esprime per mancanza di inibizione della contrazione muscolare da parte della corteccia lesionata).


    Attraverso il meccanismo di miglioramento della connessione delle aree lese, il paziente potrà recuperare le funzioni perse migliorando la qualità di vita e, grazie ad esercizi funzionali legati a gesti specifici, il terapista aiuterà il paziente a riproporre movimenti corretti e volontariamente controllati (che diventeranno automatici con la ripetizione) e ad ottimizzare strategie posturali ( es. alzarsi dal letto, passare dalla posizione seduta alla stazione eretta, camminare) per migliorarne l’efficienza.


    Possono essere utilizzati anche stimoli tattili o propriocettivi nel tentativo di migliorare la consapevolezza del proprio corpo e del senso di posizione (ciò porterà benefici anche all’esecuzione del compito motorio).


    Bibliografia

    • Sun Y, Zehr EP. Training-Induced Neural Plasticity and Strength Are Amplified After Stroke. Exerc Sport Sci Rev.2019 Oct;47(4):223-229. doi: 10.1249/JES.0000000000000199.
    • Martina Maier, Belén Rubio Ballester, and Paul F. M. J. Verschure. Principles of Neurorehabilitation After Stroke Based on Motor Learning and Brain Plasticity Mechanisms. Front Syst Neurosci. 2019; 13: 74.
  • Il trattamento della deformità di Haglung

    La deformità di Haglund

    La deformità di Haglund è descritta come una prominenza del calcagno posteriore che colpisce la borsa e il tendine di Achille con la formazione di un ingrossamento osseo all’attacco del tendine.


    I tessuti molli peritendinei possono irritarsi a causa dello sfregamento dell’ispessimento osseo contro scarpe rigide. 


    Viene caratterizzata da dolore nella parte posteriore del tallone, gonfiore della zona e in alcuni casi l’atleta sarà costretto a zoppicare; può essere unilaterale o bilaterale.


    Il dolore si presenta all’inizio di una attività (non per forza sportiva) dopo un periodo di riposo. 


    Si tratta di una condizione idiopatica ma i fattori di rischio comprendono tendine di Achille teso, aumento della volta plantare, ereditarietà, sovraccarico funzionale, scarpe strette o poco aderenti e biomeccanica alterata delle articolazioni del piede con rigidità dell’articolazione subtalare.


    Di solito colpisce le persone di mezza età, le femmine più dei maschi ed è spesso bilaterale. 


    Deve essere effettuata una diagnosi differenziale con altre patologie di dolore posteriore quali la borsite retrocalcaneare, la fascite plantare e le spondiloartropatie sieronegative.


    La valutazione radiografica

    Nella proiezione laterale si nota una prominenza ossea nella parte posteriore del calcagno a livello della tuberosità calcaneare. 


    Questi risultati possono essere associati a uno sperone calcaneare e alla formazione di osso all’inserzione del tendine di Achille e al suo interno.


    La diagnosi della sindrome di Haglund si basa spesso sulla storia e sui risultati clinici; i cambiamenti radiografici possono aggiungere un ulteriore indizio alla sua diagnosi. 


    La RMN viene eseguita in casi discutibili. 


    Il trattamento riabilitativo fisioterapico

    Il trattamento iniziale spesso è conservativo e comprende una rivalutazione della scarpa del paziente con dei cuscinetti per sollevare il tallone.


    Per ridurre il gonfiore e il dolore e può essere necessaria una borsa del ghiaccio.


    I farmaci antinfiammatori (orali o topici), gli esercizi di stretching e la fisioterapia possono alleviare la tensione dal tendine calcaneare.


    Iniezioni di steroidi locali sono utilizzate anche in casi refrattari.


    L’approccio fisioterapico prevede manovre di massaggio trasverso profondo a livello del tendine d’Achille ed esercizi di stretching per ridurre la compressione dei tessuti limitrofi.


    Se il trattamento conservativo non è efficace, vengono utilizzate opzioni di trattamento chirurgico come la decompressione retro-calcaneare o l’osteotomia calcaneare.


    Una resezione ossea inadeguata può portare alla ricorrenza dei sintomi.


    La rimozione chirurgica delle esostosi ossee del calcagno è richiesta solo in casi resistenti.


    Alcuni studi riportano che l’89% dei pazienti è migliorato con il trattamento non chirurgico e la chirurgia è stata indicata nei casi in cui il trattamento conservativo non funziona.


    Il trattamento fisioterapico post-chirurgico avrà l’obiettivo di migliorare l’elasticità dei tessuti, recuperare la mobilità della caviglia e migliorare la gestione del piede e dell’arto inferiore per prevenire recidive.


    Il trattamento riabilitativo osteopatico (OMT)

    Il trattamento osteopatico dal punto di vista preventivo permetterebbe di eliminare i blocchi articolari delle articolazioni della caviglia e del piede con tecniche di decoattazione dell’articolazione tibio tarsica (caviglia) e articolatorie sul mesopiede e avampiede.


    Queste tecniche permettono di mobilizzare le varie ossa del piede al fine di migliorare la distribuzione del carico e la capacità di assorbimento del piede.


    Si eseguono anche tecniche di bilanciamento sul ventre muscolare del polpaccio per ridurre la tensione a carico del peritenonio (guaina che avvolge il tendine).


    Bibliografia

    • Vaishya R, Agarwal AK, Azizi AT, Vijay V. Haglund’s Syndrome: A Commonly Seen Mysterious Condition. 2016 Oct 7;8(10):e820.
    • S Natarajan, MS Orth and VL Narayanan, MS Orth. Haglund Deformity – Surgical Resection by the Lateral Approach. Malays Orthop J. 2015 Mar; 9(1): 1–3
  • Cervicalgia e cuscino

    Il ruolo dello stress

    Lo stress e le alterazioni muscolo-scheletriche sono considerati tra le cause maggiori di alterazioni del sonno.


    Sebbene inappropriate posture durante il sonno possono aggravare il dolore, l’uso di un cuscino adeguato può ridurre il sintomo migliorando la qualità del sonno.


    Il ruolo del cuscino è di supportare la colonna per prevenire l’utilizzo di posture cervicali ai massimi gradi di movimento che possono aumentare gli stress biomeccanici sulle strutture coinvolte.


    Questo può coinvolgere le aree più sensibili inducendo o aggravando sintomi al risveglio come dolore, stanchezza, mal di testa o dolore agli arti.


    La posizione sul lato dovrebbe prevedere l’allineamento della colonna cervicale e toracica per ridurre il carico sulle faccette articolari.


    È stato dimostrato che i cuscini morbidi e quelli con il supporto cervicale ad un lato hanno effetti sul dolore migliorando la qualità del sonno e sul sostegno cervicale. 


    La variabilità cardiaca (HRV)

    Recenti studi basati sulle disfunzioni del sistema nervoso autonomo (SNA) associati ai modelli patofisiologici dei disordini muscolo-scheletrici, indicano il coinvolgimento della regolazione del SNA nel mantenimento e sviluppo del dolore cronico.


    Diversi stadi di dolore cronico possono essere associati a variabilità del ritmo cardiaco (HRV, heart rate variability) modulata da effetti combinati dei sistemi simpatico e parasimpatico (regolano tutte le funzioni del corpo) sul nodo seno-atriale.


    Questi sistemi agiscono aumentando e diminuendo il battito cardiaco e la pressione; cambiamenti di questo indice nel tempo possono alterare le informazioni del sistema autonomo modificando il ritmo sonno-veglia.


    La variabilità del ritmo cardiaco dovrebbe aumentare durante le attività di rilassamento per dominanza del sistema parasimpatico (HRV alta se battito lento); durante periodi stressanti dovrebbe diminuire per dominanza del sistema simpatico (HRV bassa se battito elevato).


    Dolore cronico lombare o cervicale inducono adattamenti nel soggetto che possono consolidarsi nel tempo riducendo la capacità di compenso e alti livelli di stress associati a disabilità che attivano il sistema simpatico riducendo la variabilità cardiaca.


    Il cuscino

    Uno studio del 2016 ha analizzato un particolare cuscino cervicale composto da materiali gassoso, liquido e solido incapsulati in un secondo rivestimento, che permette il mantenimento di una buona temperatura dei tessuti a contatto.


    La struttura in poliuretano permette di supportare al meglio la colonna cervicale dando sostegno alle strutture anatomiche.


    I benefici riportati da questo cuscino riguardano il mantenimento di un’appropriata curva cervicale, che permette di dare stabilità riducendo l’elevata attivazione muscolare.  


    La fisiologica curva lordotica, mantenuta durante il sonno, può ridurre la pressione intra-discale per cambiamenti della distribuzione del carico sui dischi diminuendo il dolore sulle faccette articolari.


    La porzione rotondeggiante del cuscino permette la corretta respirazione.


    Non ci sono evidenze scientifiche che consigliano un tipo di cuscino in particolare ma le caratteristiche che vanno considerate nella scelta devono comprendere: sostegno per la colonna cervicale, altezza del cuscino adeguata a ogni soggetto evitando la iperflessione/estensione della colonna e materiali traspiranti.


    Data la correlazione dello stress e del dolore cronico sarebbe opportuno inserire l’esercizio fisico o attività sportiva, che permetta di ridurre i fattori stressogeni aumentando la variabilità cardiaca.


    Bibliografia

    • Di Cagno A, Minganti C, Quaranta F, Pistone EM, Fagnani F, Fiorilli G, Giombini A. Effectiveness of a new cervical pillow on pain and sleep quality in recreational athletes with chronic mechanical neck pain: a preliminary comparative study. J Sports Med Phys Fitness. 2017 Sep;57(9):1154-1161.
  • Efficienza neurale e abilità motorie acquisite

    L’efficienza neurale tra sportivi e non sportivi

    L’efficienza neurale si riferisce a modelli di attività cerebrale legata ai movimenti specifici nello spazio.


    Rispetto ai non sportivi, gli sportivi mostrano abitualmente efficienza neurale quando si esibiscono nel loro dominio di competenza.


    Alcuni studi hanno dimostrato che gli atleti hanno una maggiore attivazione cerebrale durante l’esecuzione di compiti motori.


    Ad esempio, gli atleti di badminton hanno mostrato un’attivazione maggiore nel sistema dei neuroni specchio durante l’anticipazione con i video dell’atterraggio dello pallina, mentre quelli di basket hanno mostrato una maggiore attività nel lobulo parietale inferiore (area cerebrale associativa che elabora informazioni relative al tatto, alla localizzazione e manipolazione degli oggetti nello spazio e all’attenzione verso il campo visivo controlaterale) e nel giro frontale inferiore (area cerebrale in relazione con compiti esegui/non esegui)  rispetto a un compito di anticipazione dell’azione del tiro libero di basket.


    Nel lobulo parietale inferiore si formano modelli interni e rappresentazioni del corpo.


    Gli atleti esperti avevano una maggiore attivazione neurale nelle regioni somatosensoriali e di pianificazione motoria durante l’ascolto passivo di suoni sportivi familiari.


    Tuttavia, altri studi hanno riportato che la mente degli atleti esperti era focalizzata o diminuiva l’attivazione rispetto ai non esperti.


    Ad esempio, durante le prove mentali di tiro con l’arco, l’area premotoria, le aree motorie supplementari, la regione frontale inferiore, i gangli della base e il cervelletto erano attivi nei non arcieri, mentre gli arcieri d’élite hanno mostrato l’attivazione principalmente nelle aree motorie supplementari (coinvolte nella preparazione di sequenze di movimento memorizzate).


    La corteccia motoria supplementare è coinvolta nella pianificazione motoria, in particolare per l’esecuzione ordinata di movimenti complessi, svolge un ruolo di primo piano nel sistema di monitoraggio delle azioni in corso, nel rilevamento degli errori ed è coinvolta in attività di controllo esecutivo.


    Il livello di attivazione nell’area motoria supplementare era più basso durante le immagini relative all’auto-sport, suggerendo che la rappresentazione ordinata delle componenti del movimento significava meno sforzo e costi neurali necessari.


    Queste discrepanze possono essere correlate al paradigma tra gruppi (esperti vs. novizi), che intreccia le differenze individuali con le dinamiche neurali.


    Immagine motoria ed esecuzione del movimento

    In questo contesto, le immagini motorie sono definite come un processo mentale che comporta la prova o la simulazione di una determinata azione in prima persona senza movimenti palesi.


    Le immagini motorie e l’esecuzione motoria sono state suggerite come funzionalmente equivalenti, si richiede un tempo simile per immaginare un movimento o eseguirlo (equivalenza temporale).


    A livello neurale, vengono utilizzate le stesse aree cerebrali sia per pensare ad immagini motorie sia per eseguirle; in particolari si utilizzano l’area motoria supplementare, la corteccia premotoria, la corteccia motoria primaria, il lobulo parietale inferiore, i gangli della base (implicati nel controllo del movimento in itinere) e il cervelletto (che fornisce un controllo anticipatorio del movimento).


    La congruenza temporale è stata usata come un valido indice di cronometria mentale per valutare l’equivalenza funzionale tra l’immaginazione motoria e l’esecuzione motoria.


    Le variazioni nel tempo motore (sia per l’esecuzione che per le immagini) tra atleti e non sportivi dipendono dalle differenze nei livelli di competenza nel proprio sport rispetto ad un’altra attività.


    Ulteriori studi rivelano che negli atleti di basket, congruenza tra immagine motoria ed esecuzione motoria era maggiore quando immaginavano il tiro a canestro di quando immaginavano un servizio di pallavolo, viceversa succedeva per i pallavolisti.


    I risultati hanno mostrato che le prestazioni delle immagini motorie erano superiori, ma l’attivazione corticale era ridotta negli atleti durante l’immaginazione dei movimenti del loro sport, suggerendo un processo di simulazione motoria relativamente facilitato.


    Questa differenza potrebbe essere attribuita allo sforzo supplementare richiesto per rappresentare le componenti dettagliate dei movimenti di movimenti non familiari ed è stata interpretata come prova dell’efficienza neurale; le prestazioni delle immagini motorie erano superiori per il proprio sport, che richiedeva un minor consumo di energia.


    La riduzione dell’attivazione durante le immagini del proprio sport è probabilmente dovuta al fatto che la rappresentazione interna di quei movimenti configurata con la memoria motoria degli atleti, che sono modellati dall’allenamento a lungo termine e dall’eccessiva pratica, richiede meno risorse neurali per simulare l’attività.


    Ciò suggerisce che una maggiore efficienza neurale è alla base delle prestazioni motorie superiori.


    In altre parole, una migliore performance comportamentale con un minore sforzo neurale consente agli individui di eseguire i processi interni associati a movimenti di elevata competenza.


    Si ritiene che le competenze consolidate siano basate sull’automaticità e sull’apprendimento di schemi motori.


    L’attenzione a tali processi automatici può anche minare le prestazioni perché presuppone un’attività corticale che gli sportivi esperti hanno già sviluppato e immagazzinato aumentando il tempo di esecuzione e riducendo la qualità del gesto atletico.


    L’efficienza neurale può derivare dall’allenamento a lungo termine ed essere specifica del compito che ha permesso agli atleti di sviluppare un’organizzazione focalizzata ed efficiente delle reti neurali correlate al compito.


    Bibliografia

    • Lanlan Zhang, Fanghui Qiu, Hua Zhu, Mingqiang Xiang and Liangjun Zhou. Neural Efficiency and Acquired Motor Skills: An fMRI Study of Expert Athletes. Psychol., 06 December 2019
  • La neurodinamica

    La neurodinamica

    La neurodinamica o mobilizzazione del sistema nervoso è una tecnica che si basa sul presupposto che le strutture nervose centrali e periferiche abbiano una certa libertà di scorrimento e movimento tra i tessuti.


    In particolare, questa caratteristica viene messa in evidenza in riferimento a strutture sia di connessione centrali, quali dura madre e midollo spinale, sia di connessione periferica, come plessi e rami nervosi periferici.


    Si ritiene che le strutture nervose abbiano la capacità di allungarsi di circa il 5% della loro lunghezza standard, senza esitare in problematiche di stiramento o lesione nervosa (formicolii, iperalgesia, perdita di forza e trofismo muscolare, alterazione dei riflessi spinali, alterazione della sensibilità tattile e termica).


    Alcune delle disfunzioni muscolo-scheletriche possono causare danni a queste strutture in relazione a mancata mobilità o compressioni.


    Lungo il loro decorso, i nervi, soprattutto nell’arto superiore e inferiore, entrano in relazione con altri tessuti di densità, elasticità e capacità di movimento diversi (muscoli, tendini, interfacce osse, canali osteo-tendinei, vene e arterie).


    Molto spesso traumi, atteggiamenti posturali, ispessimenti tendinei o deformità ossee possono limitare la mobilità dei nervi arrivando a comprimerli, con esiti sintomatici a monte o a valle del sito di compressione (dolore riferito o double crush).


    Per quanto riguarda l’arto superiore, alcune problematiche nervose ascrivibili a queste condizioni sono:


    la sindrome dello stretto toracico: problematica vascolo-nervosa, in cui plesso e arteria brachiale vengono compressi a livello del passaggio sopra o sotto-clavicolare, per contrattura di scaleni, piccolo pettorale o per deformità del muro vertebrale cervicale tra cui la megapofisi di C7.

    la sindrome del canale cubitale o del canale di Guyon: compressione del nervo ulnare

    la sindrome del tunnel carpale: ispessimento dei tendini o neoformazioni ossee che restringono il canale del carpo a livello del polso comprimendo il nervo mediano.

    Per l’arto inferiore le più comuni sono:


    la compressione del nervo sciatico a livello del passaggio profondamente al piriforme

    la compressione del nervo sciatico popliteo esterno (SPE) nel suo passaggio a livello della testa del perone.

    La sintomatologia principale riferita dai pazienti può esitare in un dolore percepito a vari livelli lungo l’arto superiore e inferiore.


    È fondamentale un iter diagnostico differenziale e un approccio valutativo che escludano patologie a sintomatologia simile, quali tumori o neoformazioni vertebrali, discopatie, radicolopatie, instabilità vertebrali, problematiche neurologiche o midollari, ipoperfusione delle arterie vertebrali.


    Escluse altre patologie, l’approccio neurodinamico si basa su test provocativi di tensione delle strutture neurali e perineurali, positivi per riproduzione del sintomo.


    Questi test si eseguono secondo sequenze standard di allungamento delle strutture periferiche (per il plesso brachiale si utilizza l’arto superiore), alle quali vengono aggiunte manovre di sensibilizzazione (aumentando o diminuendo la tensione sulla struttura) per migliorare la diagnosi differenziale con le strutture muscolari.


    La sensibilizzazione richiede movimenti attivi del paziente a valle (per l’arto superiore si sensibilizza richiedendo movimenti del capo), per tensionare ulteriormente la struttura nervosa e provocare o attenuare la sintomatologia.


    La riproduzione del sintomo del paziente e la sua modificabilità in relazione ai movimenti di sensibilizzazione evidenziano una problematica di intrappolamento nervoso.


    Quando un nervo è infiammato, un minimo stiramento (3%) o una pressione applicata localmente può risvegliare la sintomatologia.


    Test per l’arto inferiore (plesso lombo-sacrale)

    Slump test


    Si utilizza per stirare sia il plesso lombo-sacrale sia la dura madre che decorre nel canale midollare.


    Paziente seduto con flessione toracica e lombare, si induce flessione del capo, poi estensione di ginocchio e flessione dorsale di caviglia.


    A seconda della localizzazione del sintomo che riporta il paziente in anamnesi (dolore cervicale o sintomatologia all’arto inferiore) l’operatore differenzierà togliendo tensione al capo oppure dalla caviglia.


    SLR (straight leg raise)


    Paziente supino, l’operatore induce flessione d’anca a ginocchio esteso.


    A seconda della localizzazione del sintomo l’operatore differenzierà aggiungendo dorsiflessione (per il nervo surale) e dorsiflessione con eversione caviglia (per lo sciatico popliteo interno), flessione dorsale con inversione (per lo sciatico popliteo esterno) o adduzione d’anca per il nervo femoro-cutaneo laterale (sensitivo).


    Per imprimere ulteriore tensione si può chiedere flessione del capo.


    Prone knee bend


    Paziente prono, si esegue estensione d’anca con flessione di ginocchio per stirare il nervo femorale.


    Si può differenziare inducendo un’abduzione per il nervo otturatorio mentre per sensibilizzare estensione del capo.


    Per differenziare la fascite plantare da una problematica meccanica del nervo si induce la flessione dorsale della caviglia, estensione delle dita sia a ginocchio flesso sia esteso.


    Da questa posizione se si estende il ginocchio e il sintomo aumenta o diminuisce il test indica la presenza di una problematica di scorrimento nervoso.


    Test per l’arto superiore (plesso brachiale)

    ULNT1 (mediano)


    Paziente supino, si inseriscono i parametri di depressione della spalla, abduzione della spalla a gomito flesso e avambraccio supinato, estensione polso/dita, extrarotazione spalla ed estensione gomito.


    Per sensibilizzazione si chiede al paziente l’inclinazione cervicale omo e controlaterale.


    ULNT2B (radiale)


    Paziente supino, si inseriscono rotazione interna della spalla, pronazione avambraccio, opposizione del pollice, flessione polso e dita, depressione della spalla e abduzione della spalla.


    Per la sensibilizzazione si chiede al paziente l’inclinazione cervicale.


    ULNT3 (ulnare)


    Paziente supino, si inseriscono estensione del polso e delle dita, deviazione radiale del polso, supinazione dell’avambraccio, flessione del gomito, rotazione esterna della spalla, depressione della spalla, abduzione della spalla.


    Per la sensibilizzazione si chiede la paziente l’inclinazione cervicale.


    Le tecniche

    Il trattamento prevede il miglioramento dello scorrimento del tessuto neurale nelle zone in cui potrebbe essere potenzialmente irritato o compresso.


    Prima di mobilizzare il tessuto con le manovre di scorrimento e di neurotensione, si consiglia di trattare le componenti muscolo-scheletriche che possono ulteriormente irritare la struttura nervosa.


    In questo senso è utile applicare tecniche di mobilizzazione delle interfacce ossee (ad esempio mobilizzazione della scapola, capitello radiale, articolazione radiocarpica, testa del perone) e di rilasciamento dei tessuti molli (trigger point e rilasciamento membrane interossee).


    Il passaggio successivo prevede l’introduzione di tecniche di scorrimento del tessuto e di tensione.


    Nelle prime si chiede un movimento di allungamento distale e di accorciamento prossimale (es. per nervo mediano, paziente seduto con spalla abdotta a 90° e gomito flesso, si richiede estensione di gomito e flessione omolaterale del collo) e viceversa.


    Nelle tecniche di tensione invece sarà richiesto sia allungamento distale che prossimale.


    Gli esercizi andranno a riprodurre le posizioni dei test neurodinamici aggiungendo tensione sempre più importante compatibilmente con i sintomi percepiti dal paziente.


    Bibliografia

    • Michel W. Coppieters, PT, PhD, Alan D. Hough, Grad Dip Phys, PhD, Andrew Dilley, PhD. Different Nerve-Gliding Exercises Induce Different Magnitudes of Median Nerve Longitudinal Excursion: An In Vivo Study Using Dynamic Ultrasound Imaging. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy
  • Il trattamento della tennis leg

    La tennis leg

    La “tennis leg” è una lesione comune nel mondo sportivo e consiste in un dolore acuto del polpaccio.


    La fascia di età in cui si registra la maggior frequenza di questa lesione è compresa tra i 40 ed i 60 anni.


    Per parecchi anni è stata attribuita erroneamente alla rottura del tendine del plantare gracile.


    Il movimento lesionante è composto da un’estensione del ginocchio associata a rotazione esterna della gamba e dorsiflessione forzata della caviglia che causa la rottura della porzione mediale del polpaccio (gastrocnemio) con presenza di edema e a volte associata la trombosi venosa profonda.


    Dati di alcuni studi confermano che la rottura parziale della porzione mediale del gastrocnemio è stata osservata nel 66,7% dei pazienti, la raccolta fluida, senza evidenza di rottura muscolare, è stata osservata tra l’aponeurosi del gastrocnemio e il soleo nel 21,3% dei pazienti mentre la trombosi venosa profonda è stata osservata in associazione ad altre problematiche nel 5% dei pazienti e come riscontro solitario nel 9,9% dei pazienti.


    La diagnosi strumentale e la terapia

    Il gold standard è l’ecografia; per escludere la trombosi si associa il Doppler.


    Bisogna condurre una diagnosi differenziale per escludere la rottura di una cisti poplitea.


    La gestione di solito è conservativa, la chirurgia è indicata solo quando associata si associa la sindrome compartimentale per la quale è necessaria la fasciotomia.


    La sindrome compartimentale associata alla rottura del gastrocnemio è spesso il risultato di un trauma muscolare diretto o di un intenso esercizio fisico.


    Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT)

    Il trattamento manipolativo osteopatico è utile dal punto di vista preventivo in quanto permette di bilanciare il carico distribuendo le forze correttamente sugli arti inferiori.


    Si eseguono tecniche ad alta velocità e bassa ampiezza (HVLA) del bacino, di inibizione muscolare e bilanciamento delle fasce degli arti inferiori al fine di migliorare l’elasticità tessutale.


    Il trattamento riabilitativo fisioterapico

    Il trattamento è tipicamente conservativo, enfatizzando la gestione del dolore, il progressivo carico di peso e il controllo neuromuscolare, con ritorno all’attività sportiva entro 4-6 settimane.


    In fase acuta si prevede l’immobilizzazione con o senza compressione, seguita da 2 a 3 settimane di esercizi di stretching passivo.


    Seguono poi esercizi di contrazione isometrica per migliorare la funzione di pompa muscolare drenante, esercizi concentrici ed eccentrici per migliorare la risposta del muscolo all’allungamento e per evitare retrazioni cicatriziali importanti.


    La cicatrice che si forma in riparazione alla lesione subisce alterazioni morfologiche rispetto al tessuto sano, non è contrattile e non sviluppa forza.


    Il trattamento sarà incentrato anche sul rinforzo della muscolatura sinergica per sopperire al deficit correlato al processo di cicatrizzazione.


    Nella fase di gestione per il rientro all’attività sportiva la riabilitazione prevede esercizi di controllo neuromuscolare e gesti funzionali sport-specifici per migliorare l’esecuzione del gesto atletico e prevenire eccessive forze di taglio sul gastrocnemio durante i cambi di direzione.


    Utile, vista la maggior incidenza nello sportivo amatoriale, un programma di ricondizionamento aerobico e di preparazione alla performance per evitare fatica, sovraccarichi e stress eccessivi, fattori di rischio per lesioni muscolari e recidive. 


    Bibliografia

    • Joelle R. Harwin, BS, and Michael L. Richardson, Dr, MD. “Tennis leg”: gastrocnemius injury is a far more common cause than plantaris rupture. Radiol Case Rep. 2017 Mar; 12(1): 120–123.
  • Efficienza neurale e abilità motorie acquisite

    L’efficienza neurale tra sportivi e non sportivi

    L'efficienza neurale si riferisce a modelli di attività cerebrale legata ai movimenti specifici nello spazio.

    Rispetto ai non sportivi, gli sportivi mostrano abitualmente efficienza neurale quando si esibiscono nel loro dominio di competenza.

    Alcuni studi hanno dimostrato che gli atleti hanno una maggiore attivazione cerebrale durante l'esecuzione di compiti motori.

    Ad esempio, gli atleti di badminton hanno mostrato un'attivazione maggiore nel sistema dei neuroni specchio durante l'anticipazione con i video dell'atterraggio dello pallina, mentre quelli di basket hanno mostrato una maggiore attività nel lobulo parietale inferiore (area cerebrale associativa che elabora informazioni relative al tatto, alla localizzazione e manipolazione degli oggetti nello spazio e all’attenzione verso il campo visivo controlaterale) e nel giro frontale inferiore (area cerebrale in relazione con compiti esegui/non esegui)  rispetto a un compito di anticipazione dell'azione del tiro libero di basket.  

    Nel lobulo parietale inferiore si formano modelli interni e rappresentazioni del corpo.

    Gli atleti esperti avevano una maggiore attivazione neurale nelle regioni somatosensoriali e di pianificazione motoria durante l'ascolto passivo di suoni sportivi familiari.

    Tuttavia, altri studi hanno riportato che la mente degli atleti esperti era focalizzata o diminuiva l'attivazione rispetto ai non esperti.

    Ad esempio, durante le prove mentali di tiro con l'arco, l'area premotoria, le aree motorie supplementari, la regione frontale inferiore, i gangli della base e il cervelletto erano attivi nei non arcieri, mentre gli arcieri d'élite hanno mostrato l'attivazione principalmente nelle aree motorie supplementari (coinvolte nella preparazione di sequenze di movimento memorizzate). 

    La corteccia motoria supplementare è coinvolta nella pianificazione motoria, in particolare per l'esecuzione ordinata di movimenti complessi, svolge un ruolo di primo piano nel sistema di monitoraggio delle azioni in corso, nel rilevamento degli errori ed è coinvolta in attività di controllo esecutivo.

    Il livello di attivazione nell'area motoria supplementare era più basso durante le immagini relative all'auto-sport, suggerendo che la rappresentazione ordinata delle componenti del movimento significava meno sforzo e costi neurali necessari.

    Queste discrepanze possono essere correlate al paradigma tra gruppi (esperti vs. novizi), che intreccia le differenze individuali con le dinamiche neurali.

    Immagine motoria ed esecuzione del movimento 

    In questo contesto, le immagini motorie sono definite come un processo mentale che comporta la prova o la simulazione di una determinata azione in prima persona senza movimenti palesi.

    Le immagini motorie e l'esecuzione motoria sono state suggerite come funzionalmente equivalenti, si richiede un tempo simile per immaginare un movimento o eseguirlo (equivalenza temporale).

    A livello neurale, vengono utilizzate le stesse aree cerebrali sia per pensare ad immagini motorie sia per eseguirle; in particolari si utilizzano l'area motoria supplementare, la corteccia premotoria, la corteccia motoria primaria, il lobulo parietale inferiore, i gangli della base (implicati nel controllo del movimento in itinere) e il cervelletto (che fornisce un controllo anticipatorio del movimento).

    La congruenza temporale è stata usata come un valido indice di cronometria mentale per valutare l'equivalenza funzionale tra l'immaginazione motoria e l'esecuzione motoria.

    Le variazioni nel tempo motore (sia per l'esecuzione che per le immagini) tra atleti e non sportivi dipendono dalle differenze nei livelli di competenza nel proprio sport rispetto ad un’altra attività.

    Ulteriori studi rivelano che negli atleti di basket, congruenza tra immagine motoria ed esecuzione motoria era maggiore quando immaginavano il tiro a canestro di quando immaginavano un servizio di pallavolo, viceversa succedeva per i pallavolisti.

    I risultati hanno mostrato che le prestazioni delle immagini motorie erano superiori, ma l'attivazione corticale era ridotta negli atleti durante l'immaginazione dei movimenti del loro sport, suggerendo un processo di simulazione motoria relativamente facilitato.

    Questa differenza potrebbe essere attribuita allo sforzo supplementare richiesto per rappresentare le componenti dettagliate dei movimenti di movimenti non familiari ed è stata interpretata come prova dell'efficienza neurale; le prestazioni delle immagini motorie erano superiori per il proprio sport, che richiedeva un minor consumo di energia.

    La riduzione dell'attivazione durante le immagini del proprio sport è probabilmente dovuta al fatto che la rappresentazione interna di quei movimenti configurata con la memoria motoria degli atleti, che sono modellati dall'allenamento a lungo termine e dall'eccessiva pratica, richiede meno risorse neurali per simulare l'attività.

    Ciò suggerisce che una maggiore efficienza neurale è alla base delle prestazioni motorie superiori.

    In altre parole, una migliore performance comportamentale con un minore sforzo neurale consente agli individui di eseguire i processi interni associati a movimenti di elevata competenza.

    Si ritiene che le competenze consolidate siano basate sull'automaticità e sull’apprendimento di schemi motori.

    L'attenzione a tali processi automatici può anche minare le prestazioni perché presuppone un’attività corticale che gli sportivi esperti hanno già sviluppato e immagazzinato aumentando il tempo di esecuzione e riducendo la qualità del gesto atletico.

    L'efficienza neurale può derivare dall'allenamento a lungo termine ed essere specifica del compito che ha permesso agli atleti di sviluppare un'organizzazione focalizzata ed efficiente delle reti neurali correlate al compito.


    Bibliografia: 


    - Lanlan Zhang, Fanghui Qiu, Hua Zhu, Mingqiang Xiang and Liangjun Zhou. Neural Efficiency and Acquired Motor Skills: An fMRI Study of Expert Athletes. Front. Psychol., 06 December 2019 


  • FIFA 11+

    Le lesioni più comuni

    Le lesioni più comuni nel calcio comprendono problematiche del ginocchio, della caviglia e tensione muscolari della coscia. 

    Le donne sono maggiormente a rischio di lesioni gravi rispetto agli uomini; il tasso di lesioni del legamento crociato anteriore è 3/5 volte superiore per le ragazze rispetto ai ragazzi. 

    Il programma FIFA 11+

    Il programma di prevenzione degli infortuni FIFA 11+ viene utilizzato per prevenire le lesioni più comuni legate al calcio (in particolare lesioni del ginocchio, LCA). 

    Il FIFA 11+ è un riscaldamento dinamico sul campo senza attrezzature di 20 minuti e comprende esercizi incentrati sulla stabilità del core, sull’equilibrio, sulla stabilizzazione dinamica e sulla forza eccentrica del tendine rotuleo. 

    Il programma permette la riduzione del tasso complessivo di infortuni sia nei calciatori maschili sia femminili.

    Alcuni studi hanno dimostrato che il programma FIFA 11+ ha ridotto del 77% il tasso di incidenza globale di infortuni del LCA nei giocatori di calcio maschile.

    Non vi è alcuna differenza nei tassi di infortuni in base al terreno di gioco, in particolare l’erba, o tra i diversi ruoli dei giocatori. 

    Il programma è composto da tre parti: 

    1) La prima parte consiste nell'esecuzione di esercizi a bassa velocità combinati con stretching attivo e contatti senza e con il compagno. 

          Il percorso di corsa comprende 6/10 coppie di coni (a seconda del numero di      

          giocatori) distanti 5/6 metri (lunghezza e larghezza). 

    2) La seconda parte consiste in 6 diverse serie di esercizi che agiscono sulla forza, sull’equilibrio e sul salto, con tre livelli di difficoltà crescente. 

    3) La terza parte consiste nella corsa di velocità combinata con movimenti specifici del calcio con improvvisi cambi di direzione.

    L’obiettivo del programma è il miglioramento della consapevolezza e del controllo neuromuscolare in stazione eretta, durante la corsa e nei gesti del salto, dell’atterraggio e del cambio di direzione. 

    I giocatori devono concentrarsi sulla qualità dei loro movimenti ponendo l'accento sulla stabilità del core, sul controllo dell'anca e sul corretto allineamento del ginocchio per evitare un eccesso di valgo durante i movimenti statici e dinamici.

    Uno studio del 2012 ha riportato il ruolo importante della superficie di gioco come fattore di rischio per le lesioni di LCA.

    La percentuale di lesioni da ACL su superfici artificiali è 1,39 volte superiore alla percentuale di lesioni su superfici erbose. 


    Bibliografia:


    - Holly J. Silvers-Granelli, MPT, Mario Bizzini, PhD, MSC, PT, Amelia Arundale, DPT, Bert R. Mandelbaum, MD, and Lynn Snyder-Mackler, PT, ScD. Does the FIFA 11+ Injury Prevention Program Reduce the Incidence of ACL Injury in Male Soccer Players? Clin Orthop Relat Res. 2017 Oct; 475(10): 2447–2455.

    - Torbjørn Soligard, Grethe Myklebust, Kathrin Steffen, Ingar Holme, Holly Silvers, Mario Bizzini, Astrid Junge, Jiri Dvorak, Roald Bahr, professor, Thor Einar Andersen, associate professor. Comprehensive warm-up programme to prevent injuries in young female footballers: cluster randomised controlled trial. BMJ 2008; 337 




  • Fisioterapia nella gestione della lesione del legamento crociato anteriore (LCA)

    La lesione del legamento crociato anteriore 

    Le lesioni del legamento crociato anteriore (LCA) nello sportivo si verificano durante le operazioni di atterraggio per inappropriata attivazione muscolare prima del contatto con il suolo.

    Inoltre, comorbidità come rottura del menisco, fratture d'avulsione e lesione dei legamenti collaterali è spesso presente con lesione del LCA come la triade infausta (legamento crociato anteriore, menisco mediale e legamento collaterale mediale).

    A causa di queste menomazioni funzionali e del significato clinico, i pazienti con lesione del legamento crociato anteriore spesso scelgono di sottoporsi a un intervento di ricostruzione.

    Sebbene la chirurgia abbia un alto tasso di successo, gli individui più giovani e più attivi fisicamente hanno un tasso relativamente alto di reinjury che varia dal 24% al 29% insieme a deficit di forza, controllo posturale ridotto e cinematica alterata.

    Le conseguenze di questa lesione possono essere gravi anche dopo la riuscita ricostruzione del legamento; solo il 55% degli atleti torna a livelli sportivi competitivi entro il primo anno.

    I test clinici

    Per la valutazione delle lesioni del legamento crociato si utilizzano i test del cassetto anteriore (paziente supino con ginocchio piegato, si testa lo scivolamento anteriore della tibia sul femore), di Lachman (paziente supino, operatore fissa il femore e muove la tibia in anteriorità) e pivot shift (paziente supino, l’operatore induce flessione e rotazione interna della tibia sul femore).

    Il sospetto dell’instabilità del LCA, nei primi due test, è dato da un arresto non netto della traslazione anteriore della tibia confrontata con il contro-laterale.

    Nel pivot shift si evidenzia una ipermobilità del piatto tibiale esterno. 

    La conferma diagnostica avviene tramite esame clinico ortopedico e valutazione di esami strumentali, quali la RMN.

    Questo esame può evidenziare edema della spongiosa del condilo femorale che indica parziale o totale distacco inserzionale del legamento. 

    Viene anche utilizzato un test funzionale che prevede l’esecuzione di uno squat monopodalico sull’arto malato.

    Il test risulta positivo se compare instabilità o cedevolezza del ginocchio. 

    La terapia

    Inoltre, una revisione sistematica che ha sintetizzato un totale di 31 studi ha indicato che il 48% dei tassi di prevalenza dell'osteoartrosi del ginocchio è superiore a 10 anni dopo l'intervento di ricostruzione del legamento. 

    È stato suggerito che l'insorgenza ritardata dell'attività muscolare misurata mediante elettromiografia (EMG) sia associata a una lesione del legamento crociato anteriore.

    Un insufficiente controllo neuromuscolare può generare un aumento dei carichi sull'articolazione del ginocchio durante le attività della vita quotidiana e produrre danni nel tempo alla cartilagine.  

    D'altra parte, i modelli di movimento anomali osservati nella lesione post-LCA potrebbero rappresentare un meccanismo protettivo per evitare forze di taglio eccessive sull'articolazione del ginocchio in soggetti con lesioni del legamento operatore e non.

    La chirurgia ripristina la stabilizzazione meccanica dell'articolazione del ginocchio ma possono instaurarsi deficit neurosensoriali non trascurabili.

    Il trattamento riabilitativo fisioterapico

    Uno dei metodi proposti per ridurre la lesione della LCA è implementare il programma di allenamento neuromuscolare (NMT) che include l'addestramento sul controllo prossimale, la stabilizzazione del tronco e gli esercizi di rinforzo associati a pliometria delle catene muscolari posteriori degli arti inferiori.

    Fondamentale la rieducazione e movimenti sport specifici con enfasi sulla qualità dei movimenti con feedback verbale per migliorare la consapevolezza dell'allineamento dell'articolazione del ginocchio.

    Esercizi eseguiti correttamente con focus sui muscoli dell'anca (glutei, muscoli posteriori della coscia e quadricipite), affondi, esercizi di stabilizzazione dell'atterraggio dovrebbero proteggere il legamento, limitare la rotazione interna dell'anca e i movimenti di adduzione che contribuiscono a un errato allineamento del ginocchio (valgo dinamico).

    Alcuni studi sull'esposizione atletica suggeriscono che le atlete femminili possono essere maggiormente a rischio rispetto agli atleti di sesso maschile per la differenza tra i fattori di rischio modificabili e non modificabili (fattori anatomici e resistenza alle sollecitazioni).


    Bibliografia: 


    - Erich J Petushek, Dal Sugimoto, Michael Stoolmller, Grace Smith and Gregory D. Myer. Evidence-Based Best-Practice Guidelines for Preventing Anterior Cruciate Ligament Injuries in Young Female Athletes: A systematic Review and Meta-analysis. Am J Sports Med. 2019 June; 47 (7): 1744-1753. 

    - Dal Sugimoto, Gregory D Myer, Kim D Barber Foss, Michael J Pepin, Lyle J Michell and Timothy E Hewett. Critical components of neuromuscular training to reduce ACL injury risk in female athletes: meta-regression analysis. Br. H Sports Med. 2016 October; 50 (20): 1259-1266.


Osteopatia

  • Il trattamento del dolore al coccige

    Il dolore al coccige

    Il dolore al coccige o coccigodinia è caratterizzata da dolore nella regione del coccige con irradiazione al pavimento pelvico.


    L’osso svolge un ruolo importante nell’architettura del bacino e del pavimento pelvico per le sue correlazioni muscolari e fasciali garantendo l’equilibrio pressorio della cavità pelvica.


    Il dolore coccigeo può anche essere causato da traumi diretti come ad esempio cadute sugli sci che alterano la mobilità del bacino con compressione dell’osso sacro tra le ossa iliache con creazione di compensi e dolore.


    Se non trattato può essere un fattore predisponente per la lombalgia.


    Un segno clinico valutabile è l’alterata mobilità con iper, ipo o immobilità del coccige, che può essere valutata con dei test di provocazione dei sintomi dolorosi o grazie alla respirazione.


    Per limitare il dolore si utilizzano farmaci antinfiammatori non steroidei, la ciambella sulla sedia per ridurre la compressione sull’osso e la terapia fisica.


    Il trattamento manipolativo osteopatico agisce con tecniche dirette sul bacino e sulla colonna vertebrale in modo da rilasciare i muscoli e i legamenti pelvici migliorando la tensione e ripristinando la corretta mobilità articolare.


    Le tecniche permettono di normalizzare le tensioni della fascia addomino-pelvica gestendo le pressioni endo-addominali e pelviche.


    Bibliografia

    • Origo D, Tarantino AG, Nonis A, Vismara L. Osteopathic manipulative treatment in chronic coccydynia: A case series. J Bodyw Mov Ther.2018 Apr;22(2):261-265.
  • Il trattamento della deformità di Haglung

    La deformità di Haglund

    La deformità di Haglund è descritta come una prominenza del calcagno posteriore che colpisce la borsa e il tendine di Achille con la formazione di un ingrossamento osseo all’attacco del tendine.


    I tessuti molli peritendinei possono irritarsi a causa dello sfregamento dell’ispessimento osseo contro scarpe rigide. 


    Viene caratterizzata da dolore nella parte posteriore del tallone, gonfiore della zona e in alcuni casi l’atleta sarà costretto a zoppicare; può essere unilaterale o bilaterale.


    Il dolore si presenta all’inizio di una attività (non per forza sportiva) dopo un periodo di riposo. 


    Si tratta di una condizione idiopatica ma i fattori di rischio comprendono tendine di Achille teso, aumento della volta plantare, ereditarietà, sovraccarico funzionale, scarpe strette o poco aderenti e biomeccanica alterata delle articolazioni del piede con rigidità dell’articolazione subtalare.


    Di solito colpisce le persone di mezza età, le femmine più dei maschi ed è spesso bilaterale. 


    Deve essere effettuata una diagnosi differenziale con altre patologie di dolore posteriore quali la borsite retrocalcaneare, la fascite plantare e le spondiloartropatie sieronegative.


    La valutazione radiografica

    Nella proiezione laterale si nota una prominenza ossea nella parte posteriore del calcagno a livello della tuberosità calcaneare. 


    Questi risultati possono essere associati a uno sperone calcaneare e alla formazione di osso all’inserzione del tendine di Achille e al suo interno.


    La diagnosi della sindrome di Haglund si basa spesso sulla storia e sui risultati clinici; i cambiamenti radiografici possono aggiungere un ulteriore indizio alla sua diagnosi. 


    La RMN viene eseguita in casi discutibili. 


    Il trattamento riabilitativo fisioterapico

    Il trattamento iniziale spesso è conservativo e comprende una rivalutazione della scarpa del paziente con dei cuscinetti per sollevare il tallone.


    Per ridurre il gonfiore e il dolore e può essere necessaria una borsa del ghiaccio.


    I farmaci antinfiammatori (orali o topici), gli esercizi di stretching e la fisioterapia possono alleviare la tensione dal tendine calcaneare.


    Iniezioni di steroidi locali sono utilizzate anche in casi refrattari.


    L’approccio fisioterapico prevede manovre di massaggio trasverso profondo a livello del tendine d’Achille ed esercizi di stretching per ridurre la compressione dei tessuti limitrofi.


    Se il trattamento conservativo non è efficace, vengono utilizzate opzioni di trattamento chirurgico come la decompressione retro-calcaneare o l’osteotomia calcaneare.


    Una resezione ossea inadeguata può portare alla ricorrenza dei sintomi.


    La rimozione chirurgica delle esostosi ossee del calcagno è richiesta solo in casi resistenti.


    Alcuni studi riportano che l’89% dei pazienti è migliorato con il trattamento non chirurgico e la chirurgia è stata indicata nei casi in cui il trattamento conservativo non funziona.


    Il trattamento fisioterapico post-chirurgico avrà l’obiettivo di migliorare l’elasticità dei tessuti, recuperare la mobilità della caviglia e migliorare la gestione del piede e dell’arto inferiore per prevenire recidive.


    Il trattamento riabilitativo osteopatico (OMT)

    Il trattamento osteopatico dal punto di vista preventivo permetterebbe di eliminare i blocchi articolari delle articolazioni della caviglia e del piede con tecniche di decoattazione dell’articolazione tibio tarsica (caviglia) e articolatorie sul mesopiede e avampiede.


    Queste tecniche permettono di mobilizzare le varie ossa del piede al fine di migliorare la distribuzione del carico e la capacità di assorbimento del piede.


    Si eseguono anche tecniche di bilanciamento sul ventre muscolare del polpaccio per ridurre la tensione a carico del peritenonio (guaina che avvolge il tendine).


    Bibliografia

    • Vaishya R, Agarwal AK, Azizi AT, Vijay V. Haglund’s Syndrome: A Commonly Seen Mysterious Condition. 2016 Oct 7;8(10):e820.
    • S Natarajan, MS Orth and VL Narayanan, MS Orth. Haglund Deformity – Surgical Resection by the Lateral Approach. Malays Orthop J. 2015 Mar; 9(1): 1–3.
  • Cervicalgia e cuscino

    Il ruolo dello stress

    Lo stress e le alterazioni muscolo-scheletriche sono considerati tra le cause maggiori di alterazioni del sonno.


    Sebbene inappropriate posture durante il sonno possono aggravare il dolore, l’uso di un cuscino adeguato può ridurre il sintomo migliorando la qualità del sonno.


    Il ruolo del cuscino è di supportare la colonna per prevenire l’utilizzo di posture cervicali ai massimi gradi di movimento che possono aumentare gli stress biomeccanici sulle strutture coinvolte.


    Questo può coinvolgere le aree più sensibili inducendo o aggravando sintomi al risveglio come dolore, stanchezza, mal di testa o dolore agli arti.


    La posizione sul lato dovrebbe prevedere l’allineamento della colonna cervicale e toracica per ridurre il carico sulle faccette articolari.


    È stato dimostrato che i cuscini morbidi e quelli con il supporto cervicale ad un lato hanno effetti sul dolore migliorando la qualità del sonno e sul sostegno cervicale. 


    La variabilità cardiaca (HRV)

    Recenti studi basati sulle disfunzioni del sistema nervoso autonomo (SNA) associati ai modelli patofisiologici dei disordini muscolo-scheletrici, indicano il coinvolgimento della regolazione del SNA nel mantenimento e sviluppo del dolore cronico.


    Diversi stadi di dolore cronico possono essere associati a variabilità del ritmo cardiaco (HRV, heart rate variability) modulata da effetti combinati dei sistemi simpatico e parasimpatico (regolano tutte le funzioni del corpo) sul nodo seno-atriale.


    Questi sistemi agiscono aumentando e diminuendo il battito cardiaco e la pressione; cambiamenti di questo indice nel tempo possono alterare le informazioni del sistema autonomo modificando il ritmo sonno-veglia.


    La variabilità del ritmo cardiaco dovrebbe aumentare durante le attività di rilassamento per dominanza del sistema parasimpatico (HRV alta se battito lento); durante periodi stressanti dovrebbe diminuire per dominanza del sistema simpatico (HRV bassa se battito elevato).


    Dolore cronico lombare o cervicale inducono adattamenti nel soggetto che possono consolidarsi nel tempo riducendo la capacità di compenso e alti livelli di stress associati a disabilità che attivano il sistema simpatico riducendo la variabilità cardiaca.


    Il cuscino

    Uno studio del 2016 ha analizzato un particolare cuscino cervicale composto da materiali gassoso, liquido e solido incapsulati in un secondo rivestimento, che permette il mantenimento di una buona temperatura dei tessuti a contatto.


    La struttura in poliuretano permette di supportare al meglio la colonna cervicale dando sostegno alle strutture anatomiche.


    I benefici riportati da questo cuscino riguardano il mantenimento di un’appropriata curva cervicale, che permette di dare stabilità riducendo l’elevata attivazione muscolare.  


    La fisiologica curva lordotica, mantenuta durante il sonno, può ridurre la pressione intra-discale per cambiamenti della distribuzione del carico sui dischi diminuendo il dolore sulle faccette articolari.


    La porzione rotondeggiante del cuscino permette la corretta respirazione.


    Non ci sono evidenze scientifiche che consigliano un tipo di cuscino in particolare ma le caratteristiche che vanno considerate nella scelta devono comprendere: sostegno per la colonna cervicale, altezza del cuscino adeguata a ogni soggetto evitando la iperflessione/estensione della colonna e materiali traspiranti.


    Data la correlazione dello stress e del dolore cronico sarebbe opportuno inserire l’esercizio fisico o attività sportiva, che permetta di ridurre i fattori stressogeni aumentando la variabilità cardiaca. 


    Bibliografia

    • Di Cagno A, Minganti C, Quaranta F, Pistone EM, Fagnani F, Fiorilli G, Giombini A. Effectiveness of a new cervical pillow on pain and sleep quality in recreational athletes with chronic mechanical neck pain: a preliminary comparative study. J Sports Med Phys Fitness. 2017 Sep;57(9):1154-1161.
  • La neurodinamica

    La neurodinamica

    La neurodinamica o mobilizzazione del sistema nervoso è una tecnica che si basa sul presupposto che le strutture nervose centrali e periferiche abbiano una certa libertà di scorrimento e movimento tra i tessuti.


    In particolare, questa caratteristica viene messa in evidenza in riferimento a strutture sia di connessione centrali, quali dura madre e midollo spinale, sia di connessione periferica, come plessi e rami nervosi periferici.


    Si ritiene che le strutture nervose abbiano la capacità di allungarsi di circa il 5% della loro lunghezza standard, senza esitare in problematiche di stiramento o lesione nervosa (formicolii, iperalgesia, perdita di forza e trofismo muscolare, alterazione dei riflessi spinali, alterazione della sensibilità tattile e termica).


    Alcune delle disfunzioni muscolo-scheletriche possono causare danni a queste strutture in relazione a mancata mobilità o compressioni.


    Lungo il loro decorso, i nervi, soprattutto nell’arto superiore e inferiore, entrano in relazione con altri tessuti di densità, elasticità e capacità di movimento diversi (muscoli, tendini, interfacce osse, canali osteo-tendinei, vene e arterie).


    Molto spesso traumi, atteggiamenti posturali, ispessimenti tendinei o deformità ossee possono limitare la mobilità dei nervi arrivando a comprimerli, con esiti sintomatici a monte o a valle del sito di compressione (dolore riferito o double crush).


    Per quanto riguarda l’arto superiore, alcune problematiche nervose ascrivibili a queste condizioni sono:


    la sindrome dello stretto toracico: problematica vascolo-nervosa, in cui plesso e arteria brachiale vengono compressi a livello del passaggio sopra o sotto-clavicolare, per contrattura di scaleni, piccolo pettorale o per deformità del muro vertebrale cervicale tra cui la megapofisi di C7.

    la sindrome del canale cubitale o del canale di Guyon: compressione del nervo ulnare

    la sindrome del tunnel carpale: ispessimento dei tendini o neoformazioni ossee che restringono il canale del carpo a livello del polso comprimendo il nervo mediano.

    Per l’arto inferiore le più comuni sono:


    la compressione del nervo sciatico a livello del passaggio profondamente al piriforme

    la compressione del nervo sciatico popliteo esterno (SPE) nel suo passaggio a livello della testa del perone.

    La sintomatologia principale riferita dai pazienti può esitare in un dolore percepito a vari livelli lungo l’arto superiore e inferiore.


    È fondamentale un iter diagnostico differenziale e un approccio valutativo che escludano patologie a sintomatologia simile, quali tumori o neoformazioni vertebrali, discopatie, radicolopatie, instabilità vertebrali, problematiche neurologiche o midollari, ipoperfusione delle arterie vertebrali.


    Escluse altre patologie, l’approccio neurodinamico si basa su test provocativi di tensione delle strutture neurali e perineurali, positivi per riproduzione del sintomo.


    Questi test si eseguono secondo sequenze standard di allungamento delle strutture periferiche (per il plesso brachiale si utilizza l’arto superiore), alle quali vengono aggiunte manovre di sensibilizzazione (aumentando o diminuendo la tensione sulla struttura) per migliorare la diagnosi differenziale con le strutture muscolari.


    La sensibilizzazione richiede movimenti attivi del paziente a valle (per l’arto superiore si sensibilizza richiedendo movimenti del capo), per tensionare ulteriormente la struttura nervosa e provocare o attenuare la sintomatologia.


    La riproduzione del sintomo del paziente e la sua modificabilità in relazione ai movimenti di sensibilizzazione evidenziano una problematica di intrappolamento nervoso.


    Quando un nervo è infiammato, un minimo stiramento (3%) o una pressione applicata localmente può risvegliare la sintomatologia.


    Test per l’arto inferiore (plesso lombo-sacrale)

    Slump test


    Si utilizza per stirare sia il plesso lombo-sacrale sia la dura madre che decorre nel canale midollare.


    Paziente seduto con flessione toracica e lombare, si induce flessione del capo, poi estensione di ginocchio e flessione dorsale di caviglia.


    A seconda della localizzazione del sintomo che riporta il paziente in anamnesi (dolore cervicale o sintomatologia all’arto inferiore) l’operatore differenzierà togliendo tensione al capo oppure dalla caviglia.


    SLR (straight leg raise)


    Paziente supino, l’operatore induce flessione d’anca a ginocchio esteso.


    A seconda della localizzazione del sintomo l’operatore differenzierà aggiungendo dorsiflessione (per il nervo surale) e dorsiflessione con eversione caviglia (per lo sciatico popliteo interno), flessione dorsale con inversione (per lo sciatico popliteo esterno) o adduzione d’anca per il nervo femoro-cutaneo laterale (sensitivo).


    Per imprimere ulteriore tensione si può chiedere flessione del capo.


    Prone knee bend


    Paziente prono, si esegue estensione d’anca con flessione di ginocchio per stirare il nervo femorale.


    Si può differenziare inducendo un’abduzione per il nervo otturatorio mentre per sensibilizzare estensione del capo.


    Per differenziare la fascite plantare da una problematica meccanica del nervo si induce la flessione dorsale della caviglia, estensione delle dita sia a ginocchio flesso sia esteso.


    Da questa posizione se si estende il ginocchio e il sintomo aumenta o diminuisce il test indica la presenza di una problematica di scorrimento nervoso.


    Test per l’arto superiore (plesso brachiale)

    ULNT1 (mediano)


    Paziente supino, si inseriscono i parametri di depressione della spalla, abduzione della spalla a gomito flesso e avambraccio supinato, estensione polso/dita, extrarotazione spalla ed estensione gomito.


    Per sensibilizzazione si chiede al paziente l’inclinazione cervicale omo e controlaterale.


    ULNT2B (radiale)


    Paziente supino, si inseriscono rotazione interna della spalla, pronazione avambraccio, opposizione del pollice, flessione polso e dita, depressione della spalla e abduzione della spalla.


    Per la sensibilizzazione si chiede al paziente l’inclinazione cervicale.


    ULNT3 (ulnare)


    Paziente supino, si inseriscono estensione del polso e delle dita, deviazione radiale del polso, supinazione dell’avambraccio, flessione del gomito, rotazione esterna della spalla, depressione della spalla, abduzione della spalla.


    Per la sensibilizzazione si chiede la paziente l’inclinazione cervicale.


    Le tecniche

    Il trattamento prevede il miglioramento dello scorrimento del tessuto neurale nelle zone in cui potrebbe essere potenzialmente irritato o compresso.


    Prima di mobilizzare il tessuto con le manovre di scorrimento e di neurotensione, si consiglia di trattare le componenti muscolo-scheletriche che possono ulteriormente irritare la struttura nervosa.


    In questo senso è utile applicare tecniche di mobilizzazione delle interfacce ossee (ad esempio mobilizzazione della scapola, capitello radiale, articolazione radiocarpica, testa del perone) e di rilasciamento dei tessuti molli (trigger point e rilasciamento membrane interossee).


    Il passaggio successivo prevede l’introduzione di tecniche di scorrimento del tessuto e di tensione.


    Nelle prime si chiede un movimento di allungamento distale e di accorciamento prossimale (es. per nervo mediano, paziente seduto con spalla abdotta a 90° e gomito flesso, si richiede estensione di gomito e flessione omolaterale del collo) e viceversa.


    Nelle tecniche di tensione invece sarà richiesto sia allungamento distale che prossimale.


    Gli esercizi andranno a riprodurre le posizioni dei test neurodinamici aggiungendo tensione sempre più importante compatibilmente con i sintomi percepiti dal paziente.


    Bibliografia

    • Michel W. Coppieters, PT, PhD, Alan D. Hough, Grad Dip Phys, PhD, Andrew Dilley, PhD. Different Nerve-Gliding Exercises Induce Different Magnitudes of Median Nerve Longitudinal Excursion: An In Vivo Study Using Dynamic Ultrasound Imaging. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy
  • Il trattamento della tennis leg

    La tennis leg

    La “tennis leg” è una lesione comune nel mondo sportivo e consiste in un dolore acuto del polpaccio.

    La fascia di età in cui si registra la maggior frequenza di questa lesione è compresa tra i 40 ed i 60 anni.

    Per parecchi anni è stata attribuita erroneamente alla rottura del tendine del plantare gracile.

    Il movimento lesionante è composto da un’estensione del ginocchio associata a rotazione esterna della gamba e dorsiflessione forzata della caviglia che causa la rottura della porzione mediale del polpaccio (gastrocnemio) con presenza di edema e a volte associata la trombosi venosa profonda.

    Dati di alcuni studi confermano che la rottura parziale della porzione mediale del gastrocnemio è stata osservata nel 66,7% dei pazienti, la raccolta fluida, senza evidenza di rottura muscolare, è stata osservata tra l’aponeurosi del gastrocnemio e il soleo nel 21,3% dei pazienti mentre la trombosi venosa profonda è stata osservata in associazione ad altre problematiche nel 5% dei pazienti e come riscontro solitario nel 9,9% dei pazienti.

    La diagnosi strumentale e la terapia

    Il gold standard è l’ecografia; per escludere la trombosi si associa il Doppler.

    Bisogna condurre una diagnosi differenziale per escludere la rottura di una cisti poplitea.

    La gestione di solito è conservativa, la chirurgia è indicata solo quando associata si associa la sindrome compartimentale per la quale è necessaria la fasciotomia.

    La sindrome compartimentale associata alla rottura del gastrocnemio è spesso il risultato di un trauma muscolare diretto o di un intenso esercizio fisico.

    Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT)

    Il trattamento manipolativo osteopatico è utile dal punto di vista preventivo in quanto permette di bilanciare il carico distribuendo le forze correttamente sugli arti inferiori.

    Si eseguono tecniche ad alta velocità e bassa ampiezza (HVLA) del bacino, di inibizione muscolare e bilanciamento delle fasce degli arti inferiori al fine di migliorare l’elasticità tessutale.

    Il trattamento riabilitativo fisioterapico

    Il trattamento è tipicamente conservativo, enfatizzando la gestione del dolore, il progressivo carico di peso e il controllo neuromuscolare, con ritorno all’attività sportiva entro 4-6 settimane.

    In fase acuta si prevede l’immobilizzazione con o senza compressione, seguita da 2 a 3 settimane di esercizi di stretching passivo.

    Seguono poi esercizi di contrazione isometrica per migliorare la funzione di pompa muscolare drenante, esercizi concentrici ed eccentrici per migliorare la risposta del muscolo all’allungamento e per evitare retrazioni cicatriziali importanti.

    La cicatrice che si forma in riparazione alla lesione subisce alterazioni morfologiche rispetto al tessuto sano, non è contrattile e non sviluppa forza.

    Il trattamento sarà incentrato anche sul rinforzo della muscolatura sinergica per sopperire al deficit correlato al processo di cicatrizzazione.

    Nella fase di gestione per il rientro all’attività sportiva la riabilitazione prevede esercizi di controllo neuromuscolare e gesti funzionali sport-specifici per migliorare l’esecuzione del gesto atletico e prevenire eccessive forze di taglio sul gastrocnemio durante i cambi di direzione.

    Utile, vista la maggior incidenza nello sportivo amatoriale, un programma di ricondizionamento aerobico e di preparazione alla performance per evitare fatica, sovraccarichi e stress eccessivi, fattori di rischio per lesioni muscolari e recidive.


    Bibliografia

    • Joelle R. Harwin, BS, and Michael L. Richardson, Dr, MD. “Tennis leg”: gastrocnemius injury is a far more common cause than plantaris rupture. Radiol Case Rep. 2017 Mar; 12(1): 120–123.
  • La manipolazione viscerale

    La manipolazione viscerale

    La manipolazione viscerale (OVM) comprende un insieme di tecniche manuali volte a ripristinare la funzione viscerale meccanica, vascolare e neurologica. 

    L’organo può essere disfunzionale in seguito ad un intervento chirurgico, per aderenze o per un processo infiammatorio, che influenzano la mobilità viscerale del tessuto connettivo che lo circonda, la fascia. 

    Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) della fascia migliora la risposta del sistema parasimpatico (diminuendo la frequenza cardiaca e il ritmo respiratorio), migliora la coordinazione neuromuscolare, riduce l’infiammazione sistemica, migliora la risposta interocettiva e aumenta la soglia del dolore.

    Diversi studi spiegano come il trattamento fasciale possa migliorare la funzione dell’organo, i sintomi e la qualità della vita del soggetto in caso di disturbi viscerali cronici utilizzando tecniche indirette manuali sull’organo.

    I visceri sono collegati al sistema muscolo-scheletrico grazie alla fascia e condividono la medesima innervazione.

    Il tronco è diviso in tante fasce orizzontali definite metameri da cui prendono origine i nervi spinali che innervano la cute e l’organo di riferimento.

    A ciascun metamero corrisponde una zona riflessa attribuita ad un organo: lo stato dei visceri addominali e pelvici interferisce con la mobilità del segmento vertebrale corrispondente perché riceve l’innervazione viscerale dalle regioni toracica e lombare attraverso il sistema nervoso simpatico.

    Alcuni studi riportano una ripercussione diretta positiva della mobilità viscerale, alterando l’input nocicettivo alla colonna vertebrale. 

    Si segnalano gli effetti dell’OVM sulle persone con lombalgia non specifica con cambiamenti significativi nell’intensità del dolore dopo 52 settimane rispetto al gruppo di controllo. 

    L’obiettivo principale dell’approccio osteopatico è migliorare il movimento tra le diverse strutture fasciali per consentire un adeguato movimento di liquidi (sangue e linfa). 

    L’OMT fasciale e viscerale permettono di coinvolgere il tessuto e l’area circostante.


    Bibliografia

    • Villalta Santos L, Lisboa Córdoba L, Benite Palma Lopes J, Santos Oliveira C, André Collange Grecco L, Bovi Nunes Andrade AC, Pasin Neto H. Active Visceral Manipulation Associated With Conventional Physiotherapy in People With Chronic Low Back Pain and Visceral Dysfunction: A Preliminary, Randomized, Controlled, Double-Blind Clinical Trial. J Chiropr Med.2019 Jun;18(2):79-89.
    • Bordoni B, Simonelli M, Morabito B. The Other Side of the Fascia: VisceralFascia, Part 2.  2019 May 10;11(5):e4632.

  • Osteopatia e integrazione riabilitativa nella cervicalgia

    La cervicalgia

    Il dolore al collo (cervicalgia) è la quarta causa che porta a disabilità; circa il 50% delle persone con dolore al collo continuerà a provare dolore o sarà soggetto a riacutizzazioni. 

    La cervicalgia interessa le strutture meccaniche ovvero i muscoli, i legamenti, i dischi intervertebrali e le articolazioni che garantiscono sia il movimento sia il sostegno. 

    Le cause di cervicalgia variano ampiamente e comprendono la sedentarietà, l'assunzione di posizioni inadeguate al lavoro o il mantenimento di una postura non fisiologica del collo per lunghi periodi di tempo. 

    Altre cause sono legate all'età avanzata, ad anomale curvature della colonna vertebrale, a colpo di frusta o a patologie di origine artritica.

    La durata dei sintomi si può classificare in cervicalgia acuta intorno alle 6 settimane, subacuta per 3 mesi o cronica per più di 6 mesi.

    Esistono tre tipi di cervicalgia:

    - cervicalgia propriamente detta: caratterizzata da un dolore localizzato nell’area del collo associato a rigidità muscolare e difficoltà nei movimenti;

    - sindrome cervico-brachiale: il sintomo si può irradiare agli arti superiori con scosse o formicolii;

    - sindrome cervico-cefalica: caratterizzata da dolore nella zona del collo che poi si estende al capo. Spesso sono associati anche altri disturbi come acufeni (fischio nell’orecchio), vertigini, nausea e vomito.

    La gestione di questo problema muscolo-scheletrico prevede la combinazione di più interventi: terapia manuale, esercizi correttivi seguiti dal terapista e esercizio in autonomia a casa.

    Il trattamento manipolativo osteopatico rappresenta un valido aiuto per la cervicalgia; l’obiettivo è di alleviarne i sintomi che rimuoverne le cause.

    Si prevede l’utilizzo di tecniche ad energia muscolare, tecniche articolatorie sulla colonna cervicale per rilasciare i tessuti e promuovere il movimento.

    In associazione al trattamento l'approccio riabilitativo fisioterapico sarà volto al miglioramento del controllo dei muscoli del collo per recuperare il movimento rispetto al torace e alla colonna vertebrale. 

    Per la rigidità del tratto cervicale che non dipendono da altri distretti, si utilizzano tecniche di mobilizzazione articolare ed esercizi attivi del paziente per recuperare mobilità e l'utilizzo corretto della muscolatura che collega il capo a spalle e torace.

    Nella gestione di sintomi irradiati lungo gli arti, il trattamento dipende dalla valutazione della problematica: le cause possono essere muscolari o da compressione dei nervi che dalle vertebre cervicali si portano fino alle dita della mano.

    Nel primo caso si utilizzano le tecniche sopradescritte, in aggiunta ad esercizi mirati anche a livello dell'arto superiore, mentre nel secondo caso si integra l'utilizzo della neurodinamica. Questa tecnica si avvale del movimento del braccio che, attraverso gesti specifici, può ripristinare il corretto scorrimento del nervo, decomprimendo la zona in cui questo viene irritato.


    Bibliografia: 


    - Pegah Kashfi, Noureddin Karimi, Anneli Peolsson & Leila Rahnama. The effects of deep neck muscle-specific training versus general exercises on deep neck muscle thickness, pain and disability in patients with chronic non-specific neck pain: protocol for a randomized clinical trial (RCT). BMC Musculoskeletal Disorders volume 20, Article number: 540 (2019).


  • Osteopatia e cicatrici

    La cicatrice

    La cicatrice è il tessuto di riparazione che il corpo crea in seguito ad una lesione. Il processo di guarigione viene diviso in 3 fasi: infiammatoria (dura 3-4 giorni), di riparazione (dura 10-15 giorni) e di maturazione (dura 1-2 anni).

    Essendo un tessuto di riparazione avrà una minor elasticità ed estensibilità; può causare tensioni con riduzione dell'arco di movimento di un'articolazione (ROM), limitando le funzionalità sia della zona interessata sia di quelle limitrofe, provoca in alcuni casi disabilità al paziente e riduzione della circolazione sanguigna o linfatica. Possono insorgere delle complicanze nella guarigione delle ferite, si riconoscono le cicatrici patologiche (cheloidi) o aderenze. 

    Il trattamento osteopatico, attraverso le tecniche fasciali, può essere utile al fine di evitare alterazioni dei piani fasciali, complicazioni e sindromi dolorose associate alla cicatrice stessa. La fascia è il più importante mezzo di comunicazione del corpo; è molto trattata dagli osteopati per la sua importanza nel ritorno venoso e nell’eziologia del dolore.

    L’osteopata è quindi in grado di individuare e trattare le tensioni dovute alle cicatrici, al fine di ripristinare la mobilità tissutale.

    La fisioterapia utilizza tecniche di scollamento verso l'alto dei tessuti cicatrizzati da quelli sottostanti, tecniche di distensione del tessuto superficiale con l’obiettivo di migliorare l’estensibilità e la vascolarizzazione, tecniche di mobilizzazione per migliorare il movimento della parte coinvolta e controllare le trazioni delle cicatrici sulle zone circostanti. 

    Utilizza inoltre tecniche di mobilizzazione articolare passiva ed esercizi attivi, per migliorare l'articolarità e il rilassamento delle zone intorno al tessuto cicatriziale.

    Infine, se la cicatrice risulta particolarmente sensibile, attraverso stimoli tattili e richieste di movimento attivo al di sotto del livello di dolore del paziente, si può rimodulare la trasmissione di impulsi dolorifici, con un abbassamento del livello di dolore.


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